Il sisma bonus, lo sconto fiscale per la messa in sicurezza degli edifici con tetto massimo dell’85%, può essere utilizzato anche per le operazioni di demolizione con ricostruzione. Con una sola condizione: gli interventi dovranno essere qualificabili come ristrutturazione secondo il Dpr 380/2001. Quindi, dovranno mantenere la volumetria iniziale.
L’importante chiarimento è arrivato con la risoluzione 34/E dell’agenzia delle Entrate, per mettere finalmente un punto a una delle questioni più discusse sulla detrazione attivata dal governo a partire da marzo del 2017. Tutto nasce da un interpello di tre comproprietari di un immobile dichiarato inagibile, per il quale è in programma una demolizione con «fedele ricostruzione».
Per rispondere, l’Agenzia riepiloga, anzitutto, le caratteristiche dello sconto fiscale, che potrà essere «guadagnato» per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2021 per gli interventi che, secondo il Tuir, sono qualificati come di «adozione di misure antisismiche». La premessa, allora, è che il Consiglio superiore dei lavori pubblici (l’organo tecnico consultivo del ministero delle Infrastrutture), con il parere n. 27/2018, ha precisato che gli interventi di demolizione con ricostruzione con la stessa volumetria dell’edificio preesistente, fatte salve le innovazioni necessarie per l’adeguamento, possono essere qualificati come «ristrutturazione edilizia» in base al Dpr 380/2001. E che, quindi, questi interventi possono essere tranquillamente considerati antisismici in base alla definizione del Tuir, purché siano «progettati ed eseguiti in conformità alle vigenti norme tecniche per le costruzioni».
Detto questo, allora, la risoluzione conclude: «Si ritiene che gli interventi consistenti nella demolizione e ricostruzione di edifici adibiti ad abitazioni private o ad attività produttive possono essere ammessi alla detrazione» per la messa in sicurezza in chiave antisismica, «sempreché concretizzino un intervento di ristrutturazione edilizia e non un intervento di nuova costruzione». Quindi sarà fondamentale considerare la volumetria.
Nel caso in esame, allora, «ai fini della applicazione della detrazione è necessario che dal titolo amministrativo che assente i lavori risulti che l’opera consista in un intervento di conservazione del patrimonio edilizio esistente e non in un intervento di nuova costruzione».
Non è l’unica questione affrontata dalla risoluzione. L’Agenzia, infatti, chiarisce altri due punti. In materia di ripartizione degli sconti, «qualora vi siano più soggetti titolari del diritto alla detrazione, la stessa è ripartita in funzione della spesa effettivamente sostenuta da ciascuno, come attestata dal bonifico di pagamento contenente nella causale il richiamo normativo che dà diritto alla detrazione d’imposta, e dall’intestazione delle fatture rilasciate dall’impresa che esegue i lavori». Non è quindi necessario agganciarsi soltanto alle quote di proprietà.
Infine, una precisazione in materia di Iva. «Alla fattispecie descritta nell’istanza di interpello (demolizione con fedele ricostruzione)», secondo l’Agenzia può essere applicata «l’aliquota Iva agevolata prevista per gli interventi di ristrutturazione, vale a dire l’aliquota del 10 per cento, a condizione che le opere siano qualificate come tali dalla documentazione amministrativa che assente i lavori». È scontato che il discorso, fatte queste premesse, sarà tutto differente per gli interventi di nuova costruzione. A loro saranno applicabili le diverse aliquote previste per le varie fattispecie (ad esempio, per la prima casa, gli immobili strumentali, gli immobili di lusso).
AdA
fonte Sole24Ore 116/18 GL