Con sentenza del 26 maggio 2011 (cause riunite C-165/09, C-166/09 e C-167/09, “sentenza”), la Corte di giustizia Ue (“Corte”) ha fornito importanti chiarimenti riguardo all’ampiezza della discrezionalità di cui godono gli Stati membri (“SM”) nel rilascio di un’autorizzazione ambientale per la costruzione e la gestione di grandi impianti industriali ed ai rapporti fra la direttiva 2008/1/CE sulla prevenzione e riduzione dell’inquinamento (direttiva “IPPC”) e la direttiva 2001/81/CE relativa ai limiti nazionali d’emissione di alcuni inquinanti atmosferici (direttiva “LNE”).
La direttiva IPPC, difatti, richiede che ogni autorizzazione alla costruzione di un nuovo impianto includa i valori-limite di emissione per le sostanze inquinanti che l’impianto può potenzialmente produrre (art. 9, para. 3).
La direttiva LNE, invece, fissa per tutti gli SM i limiti massimi di taluni inquinanti atmosferici che possono essere complessivamente emessi ogni anno e richiede la loro progressiva riduzione, per un periodo transitorio che va dal 27 novembre 2002 al 31 dicembre 2010, fino al raggiungimento del limite previsto, che dal 2011 non dovrà essere superato (art. 4). Nel caso di specie, l’Olanda, pur avendo comunicato alla Commissione di non essere in grado di rispettare i limiti della direttiva LNE entro il 2010, ha autorizzato la costruzione di tre grandi impianti per la produzione di elettricità, operativi dal 2012, che, secondo i ricorrenti della procedura nazionale, pur rispettando i precetti della direttiva IPPC, contribuirebbero ad incrementare il livello di emissioni nazionali e ad ostacolare ulteriormente il raggiungimento dei limiti nazionali imposti dalla direttiva LNE.
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