Reinterpretare. Il concetto che sta dietro la nobilitazione anche delle più ignobili delle merci è questo, reinterpretare. Gioielli, accessori, strumenti di arredo e raffinati packaging, è pressoché indefinita la serie di creazioni che possono nascere dai rifiuti. Sì, dai rifiuti. Parola di designer.
Da circa cinque anni l’Hybrid Design Lab (Hdl) della Seconda Università di Napoli sta lavora anche su questo, rendere bello e prezioso quel che è per definizione brutto e senza alcun valore, i rifiuti. Il progetto si chiama “- waste + design” ed ha l’ambizione di intervenire con gli strumenti del design nelle problematiche del waste management del territorio. Il che, trattandosi della Campania, non è ambizione da poco. “Il nostro obiettivo è quello di coinvolgere giovani designer campani – spiega Carla Langella, docente di ‘Bioinspired design’ presso l’ateneo e tra gli ispiratori dell’Hdl – in lavori di reinterpretazione di scarti particolarmente difficili da smaltire. Le opportunità tecniche ed espressive offerte dal riuso dei rifiuti attraverso l’innovazione dei materiali e delle tecnologie sono numerose e in gran parte collaudate”. Al vertice delle competenze coinvolte c’è, ovviamente, l’ingegneria dei materiali, ma la piramide dei saperi intrecciati in quest’avventura al confine tra riciclo e manifattura di lusso è articolata e comprende chimica, biologia, agronomia e genetica.
Il progetto è partito dalla selezione di alcune categorie di scarti particolarmente significativi, relativi a settori produttivi che caratterizzano il tessuto produttivo territoriale, si va così dal carti dalla lavorazione di pietre naturali, agli scarti di tessili, pellami, legno, vetro, fino al riutilizzo di materiali dal forte impatto ambientale come il corian, l’acciaio, lo stoneglass e materiali ricomposti a base di quarzo. “Il progetto – contununa la Langella – prevede che l’intero ciclo raccolta-trasformazione-progetto-produzione venga gestito da una azienda design driven che si occupa direttamente di smaltire, rigenerare e utilizzare gli scarti industriali in prodotti finiti”.