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Cassazione. Decreto 231: Confisca annullabile anche nelle Pmi

Cassazione 231Un giudice non può disporre in modo automatico la confisca di un bene di proprietà di una società senza prima valutare l’incolpevole estraneità della società al reato commesso dal suo legale rappresentante. Questa, la decisione della Corte di cassazione n. 16665 depositata il 16 aprile 2014 dalla terza sezione penale che ha predisposto l’annullamento della sentenza impugnata al tribunale di Milano. La portata innovativa della sentenza consiste nell’applicazione anche alle società di piccole dimensioni (articolo 6, comma 4 del decreto legislativo 231/2001).

La vicenda tra origine dalla condanna di due persone rispettivamente a 6.600 e 6 mila euro di ammenda per avere scaricato in un impianto di smaltimento sito a Castano Primo (Milano) 2,5 tonnellate di rifiuti edili senza la prevista iscrizione all’albo nazionale dei gestori ambientali (articolo 212 testo unico ambientale). La sentenza del tribunale del maggio 2013 include la confisca dell’autocarro. Il ricorso in Cassazione è incentrato sull’eccessiva severità del trattamento sanzionatorio, la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, la mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena del legale rappresentante della società – uno dei due condannati – e l’erronea confisca dell’autocarro. Il ricorso è stato ritenuto fondato per gli ultimi due motivi: la confisca e la sospensione della pena.

In merito alla confisca del mezzo, il ricorrente contestava la confusione tra «l’obbligatorietà della stessa, ai sensi dell’articolo 259 del Tu ambientale, e quella di cui all’articolo 240 comma 2 del codice penale. La confisca, inoltre, colpisce la società per non aver predisposto un adeguato modello organizzativo idoneo a prevenire reati ambientali, come previsto dell’articolo 25 undicies del Dlgs 231/01, senza esser mai stata chiamata a rispondere di una sua eventuale responsabilità». La Cassazione dà ragione al ricorrente facendo propri i principi della Corte europea dei diritti dell’uomo che all’articolo 7 esige, per punire (confisca compresa), la ricorrenza di un legame di natura intellettuale (coscienza e volontà) che permetta di rilevare un elemento di responsabilità nella condotta del soggetto cui viene applicata una sanzione sostanzialmente penale. Da ciò, può evitare la confisca chi prova la propria buona fede.

In merito al beneficio della sospensione condizionale della pena, il ricorrente faceva invece presente il fatto che ne avesse già fruito una sola volta, nel 1998. Inoltre faceva presente che le precedenti condanne del 1996 e 1998 fossero troppo indietro nel tempo e una delle quali riguardasse un delitto non colposo.

La Cassazione ha dato anche in questo caso ragione al ricorrente considerando di natura riparatoria l’iscrizione all’Albo dopo l’accertamento del reato e rinviando la sentenza anche su questa parte al tribunale di Milano.

AdA

Fonte: Sole 24 Ore EB

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Nella frode informatica nessuna colpa per l’azienda

frode informaticaLa frode informatica esce dal perimetro dei reati che comportano la responsabilità penale delle aziende. Nella conversione del dl 93/2013 sulla sicurezza il Parlamento ha abrogato la parte che aveva aggiunto la frode informatica alle infrazioni che comportano le penalità per le imprese. Torna quindi a rivivere la vecchia formulazione dell'art. 24 del dlgs 231 che prevede sanzioni tra 100 e 500 quote per i reati originariamente previsti, dal danneggiamento all'accesso abusivo di sistemi informatici, alla detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso fino all'intercettazione abusiva.
L'estensione della normativa 231/2001 alle aziende per i reati di frode informatica commessi da dipendenti era stata indicata come potenzialmente dirompente per tutto il mondo imprenditoriale, perchè tra l'altro avrebbe implicato l'adozione di standard e modelli organizzativi molto accurati e invasivi per prevenire abusi su comportamenti totalmente estranei all'oggetto di impresa, e in più riconducibili a iniziative criminali personali. Restano invece agganciati alla 231 i reati informatici più caratteristici e in qualche modo riferibili a comportamenti commessi nell'interesse delle aziende.

AdA

Fonte: Il Sole 24 Ore

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