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Tracciabilità di filiera delle biomasse: il MiPAF indica i costi di certificazione

Tracciabilità di filiera delle biomasse: il MiPAF indica i costi di certificazione

Con Decreto 22 giugno 2017 il Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali indica i costi di certificazione per la tracciabilità di filiera delle biomasse destinate alla produzione elettrica. Il decreto è entrato in vigore il giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta, avvenuta il 9 settembre 2017.

Il decreto in questione stabilisce l'entità e le modalità di versamento della quota delle tariffe di cui all'art. 25 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91(che stabilisce che gli oneri sostenuti dal Gestore dei servizi energetici - GSE S.p.A, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116) da riconoscere al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali a copertura dei costi delle attività di controllo che esso svolge, nel rispetto del decreto del 2 marzo 2010 (che stabilisce le modalità con cui garantire la tracciabilità e la rintracciabilità della biomassa e del biogas derivanti da prodotti agricoli, di allevamento e forestali).

La quota è posta pari al 2,5% dei ricavi derivanti dall'applicazione dei corrispettivi in quota energia, (c€/kWh), versati dai produttori di energia elettrica da biomassa, biogas e bioliquidi al GSE ai sensi del decreto del Ministro dello sviluppo economico del 24 dicembre 2014, cosi come risultanti dall'ultimo bilancio GSE approvato, e dai conti annuali separati inviati all'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico. L'ammontare annuale del versamento, specifica il decreto, non può eccedere l'importo complessivo di € 200.000 annui.

A decorrere dal 2017, entro il 31 gennaio di ogni anno, il GSE verserà all'entrata del bilancio dello Stato la quota (sopra definita), che sarà riassegnata ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.

Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali trasmetterà poi annualmente al GSE:

a) entro il 31 maggio di ciascun anno, l'esito di ciascuna verifica di cui all'art. 4 del decreto 2 marzo 2010;

b) entro il 30 ottobre di ciascun anno, una relazione contenente la rendicontazione complessiva delle verifiche svolte.

A proposito di monitoraggio, il decreto prevede che qualora intervengano modifiche al quadro normativo inerenti le attività di controllo o il MIPAF rilevi un incremento dei costi nello svolgimento di tali attività, la quota di versamento sarà sostituita da uno specifico corrispettivo a carico dei produttori sottoposti ai controlli di cui al DM MIPAF 2 marzo 2010, proposto dal GSE e approvato dal Ministero dello sviluppo economico.

AdA

Scarica il decreto 22 giugno 2017

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Tracciabilità dell'olio d'oliva: nuove sanzioni amministrative

Olive-oil-600x420Approvato in via definitiva lo schema di decreto legislativo che completa il quadro normativo per il contrasto alle frodi.
Il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente Matteo Renzi e del Ministro della giustizia Andrea Orlando, ha approvato, in esame definitivo, un decreto legislativo recante disposizioni sanzionatorie per la violazione del Regolamento (UE) n. 29/2012 della Commissione, del 13 gennaio 2012, relativo alle norme di commercializzazione dell’olio d’oliva e del Regolamento (CEE) n. 2568/91 relativo alle caratteristiche degli oli d’oliva e degli oli di sansa d’oliva, nonché ai metodi ad essi attinenti.
Nello specifico, con l’intervento, che si affianca a quello già realizzato con la legge 9 del 14 gennaio 2013, sono state inserite le sanzioni amministrative riguardanti l’indicazione obbligatoria dell’origine, nonché quelle relative alla leggibilità delle informazioni in etichetta (origine e denominazione di vendita). Tali informazioni, infatti, devono comparire nell’imballaggio in modo tale che siano facilmente visibili, comprensibili ed apposte in uno stesso campo visivo.
Inoltre, sono state previste sanzioni, sempre amministrative, per la mancata istituzione ed irregolare tenuta del registro di carico e scarico degli oli, obbligatorio per tutti coloro che detengono o commercializzano oli ai fini commerciali.
L’ambito dell’intervento sanzionatorio amministrativo è comunque confinato negli spazi non coperti dalla norma penale a cui è riservata la repressione di ogni tipo di frode alimentare.
La competenza all’irrogazione delle sanzioni, previste nel decreto, è affidata al Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, con le procedure previste dalla legge n. 689 del 1981.
Restano ferme le competenze spettanti, ai sensi della normativa vigente, agli organi preposti all’accertamento delle violazioni.
Con questo decreto si completa il dispositivo normativo che dà attuazione alla tracciabilità dell’olio, sistema indispensabile per il contrasto alle frodi nel settore oleario.

mb

Fonte: Consiglio dei Ministri

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Per il Sistri slitta solo il contributo annuale

 

 

Il Sissistritri si dota di un Testo unico.
Dopo una lunga attesa e l’esame favorevole del Consiglio di Stato, infatti, è approdato alla Gazzetta Ufficiale di ieri, 26 aprile, il decreto ministeriale 18 febbraio 2011, n. 52 che riunifica in un solo testo tutti i cinque decreti finora emanati sul Sistri (Sistema informatico di tracciabilità dei rifiuti) e che, dal prossimo 11 maggio, data di entrata in vigore del decreto, “cessano di produrre effetti”. Tuttavia, restano salve le proroghe finora intervenute per l’avvio operativo del sistema (1° giugno 2011) e per la trasmissione dei dati di quanto prodotto e smaltito o recuperato nel 2010 e nel 2011 (rispettivamente, 30 aprile e 31 dicembre 2011 – articolo 12, commi 1 e 2, Dm 17 dicembre 2009 e circolare del ministero dell’Ambiente 2 marzo 2011). Inoltre, si conferma l’obbligo di tenuta di registri e formulari fino alla piena funzionalità del Sistri.
Il nuovo Dm Sistri non reca alcuna proroga in ordine alla data di effettivo avvio del sistema che, pertanto, ad oggi, resta fissata nel 1° giugno 2011.
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Olio d’oliva, regole per la filiera

 

Dall’inserto Agrimed de Il Denaro di gennaio: Olio d’oliva, regole per la filiera.  La commercializzazione dei prodotti e le normative per chi vende e chi consuma
Attilio Montefusco e Milena Petriccione

L’ulivo (Olea europaea L.) è un albero leggendario, tipico del paesaggio del bacino del Mediterraneo, conosciuto fin dall’antichità per i suoi frutti (drupe), che sono utilizzati sia per l’estrazione dell’olio che per il consumo diretto nell’alimentazione. Era conosciuto già dagli Egizi come simbolo di pace e di concordia, di sapienza e di prosperità, è stato poi coltivato dai Greci e dai Romani che estraevano dai suoi frutti l’olio utilizzato per uso alimentare ma anche per uso aromatico e balsamico, oltre che per far ardere lampade e torce. La sua coltivazione iniziata nell’antichità grazie a diversi popoli e culture, si estende tra il 35° e il 45° parallelo di latitudine Nord, dove il clima temperato ben corrisponde alle sue esigenze colturali. L’ottenimento di un prodotto di qualità elevata è correlato al grado di maturazione delle olive al momento della raccolta ed influenza in particolar modo le caratteristiche organolettiche e il colore dell’olio. Il giusto grado di maturazione è rappresentato dall’invaiatura, cioè quando si ha il viraggio della buccia dal verde intenso ad una colorazione finale che varia, secondo la cultivar, al rosso porpora e al nero. Una raccolta molto precoce dà oli di colore verde intenso con note di amaro e piccante mentre una raccolta tardiva dà oli con maggiore acidità (e minor quantità di acidi polinsaturi) unita a un fruttato dolce. La qualità dell’olio è influenzata anche dallo stato sanitario dei frutti, dalle modalità di raccolta, di trasporto al frantoio e dalla molitura. L’olio d’oliva possiede qualità organolettiche e nutritive che gli permettono di avere un mercato ad un prezzo elevato, tenuto conto dei costi di produzione, rispetto alla maggior parte degli altri grassi vegetali. Vista questa situazione di mercato, sono state stabilite nuove norme di commercializzazione, contenenti in particolare norme specifiche in materia di etichettatura, complementari a quelle previste per i prodotti alimentari.

Caratteristiche

L’oliva è un frutto ricco d’acqua (circa il 50 per cento del suo peso) e l’estrazione dell’olio può avvenire con mezzi puramente naturali. ” sufficiente ridurre le olive ad una pasta con un’operazione di molitura e poi sottoporla a spremitura o a centrifugazione per ottenere la separazione dell’acqua e dell’olio dalle parti solide del frutto. Successivamente, poiché l’acqua e l’olio non sono miscibili, è facile separarli per centrifugazione. Gli oli vengono definiti “vergini” quando sono ottenuti dal frutto dell’olivo soltanto mediante processi meccanici o altri processi fisici, che non causano alterazioni del prodotto, e che non hanno subito alcun trattamento diverso dal lavaggio, dalla decantazione, dalla centrifugazione e dalla filtrazione. In base alle normative vigenti (Reg. CE n. 2568/91) gli oli vergini vengono classificati in relazione a determinate caratteristiche chimiche, prima fra tutte l’acidità libera (espressa in grammi di acido oleico per 100 grammi di olio).

Gli oli di oliva vergini sono quelli commestibili per eccellenza e sono l’”olio extra vergine di oliva” e l’”olio di oliva vergine “, così definiti in base alla loro acidità ed in particolare il primo deve avere un’acidità massima dello 0,8 per cento ed il secondo del 2 per cento. Tutti gli oli con un’acidità superiore al 2 per cento non sono commestibili e vengono denominati “olio di oliva vergine lampante”. Tali oli possono essere raffinati ed utilizzati nella preparazione del cosiddetto “olio d’oliva”; quest’ultimo, infatti, viene ottenuto dalla miscelazione dell’olio di oliva vergine con olio d’oliva raffinato fermo restando l’ obbligo di esprimere un tenore di acidità libera inferiore all’1 per cento.

Durante il processo di molitura si forma la sansa composta dai residui del frutto dell’ulivo e dai frammenti del nocciolo, da cui si ricava nei sansifici l’”olio di sansa greggio” mediante il trattamento con solventi (sostanze chimiche). L’olio di sansa greggio e l’olio di sansa raffinato non sono commestibili a meno che quest’ultimo non venga mescolato con olio di oliva vergine ottenendo un olio con un tenore di acidità libera inferiore all’1 per cento (“olio di sansa di oliva”). Esso risulta commestibile ma ha una composizione e proprietà completamente differenti, ed è un olio di minor pregio e costo.

Commercializzazione

Gli oli d’oliva commestibili, destinati al consumatore, in base a quanto stabilito dal Reg. CE 1019/2002, devono essere messi in vendita esclusivamente preconfezionati in recipienti, della capacità massima di 5 litri provvisti di un sistema di chiusura che perda la sua integrità dopo la prima utilizzazione, anche se acquistati direttamente dal frantoio o presso la sede privata del piccolo produttore locale.

Gli oli destinati alla preparazione dei pasti nei ristoranti, ospedali, mense o altre collettività simili possono essere preconfezionati in recipienti di capacità massima non superiore a venticinque litri e non sono soggetti a sistemi di chiusura di garanzia.

L’etichettatura

Le indicazioni da riportare in etichetta sono previste sia dalla normativa generale in materia di etichettatura (D.Lgs. 109/92) presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari, emanato in attuazione dell’apposita direttiva comunitaria, sia da normative comunitarie che nazionali specifiche di settore.

Il consumatore deve essere informato e venire a conoscenza di alcune informazioni simultaneamente; infatti, tre delle indicazioni obbligatorie (denominazione del prodotto, quantità e termine minimo di conservazione) debbono apparire nello stesso campo visivo.

Sull’etichetta devono essere presenti altre formazioni facoltative delle lavorazioni “a freddo”, delle indicazioni relative all’acidità e di quelle concernenti le caratteristiche organolettiche. L’indicazione dell’origine geografica “Olio Italiano” potrà essere riportata solo nel caso in cui l’olio vergine, o extra vergine sia stato ottenuto in Italia da olive italiane. Nel caso di miscele, si potrà indicare l’origine della quota prevalente dell’olio a condizione che la stessa sia almeno pari al 75 per cento.

L’etichettatura nutrizionale per gli oli di oliva comporta l’elencazione, nell’ordine, delle indicazioni relative al valore energetico e alla quantità di proteine, di carboidrati e di grassi e che è obbligatorio far riferimento alla quantità di acidi grassi saturi, quando si indica la quantità di una delle seguenti sostanze: acidi grassi polinsaturi, acidi grassi monoinsaturi e colesterolo. Tali norme si sono rivelate insufficienti ad evitare che i consumatori siano indotti in errore sulle reali caratteristiche e l’origine di taluni prodotti; quindi, a partire dal 1° luglio 2009 è entrato in vigore il Regolamento (CE) n. 182/2009, che ha introdotto nuove norme di commercializzazione dell’olio di oliva. Le modalità applicative di questo regolamento sono state recepite dal Decreto del Mipaaf (Ministero Politiche Agricole, Ambientali e Forestali) del 10 novembre 2009. In linea con le norme di tracciabilità della legislazione alimentare europea, è stata introdotta l’etichettatura di origine obbligatoria, a tutela sia del consumatore che ha il diritto di sapere che cosa sta comprando sia dei produttori che devono essere in grado di impiegare metodi di produzione di qualità e, facendoli conoscere opportunamente, di utilizzarli come strumenti di marketing. Nella Comunità Europea, una parte significativa degli oli di oliva vergini ed extra vergini è costituita da miscele di oli originari di vari Stati membri e paesi terzi, con il presente regolamento è diventata obbligatoria l’indicazione dell’origine sull’etichetta delle suddette miscele. Tali disposizioni consentiranno di abolire le norme precedenti relative all’indicazione in etichetta dell’”origine predominante”, che risultavano complesse da applicare, difficili da controllare e potenzialmente fuorvianti.

Miscele europee

Nel caso di miscele di oli di oliva ottenuti da oli provenienti da Stati membri o paesi terzi, in etichetta dovrà essere apposta una delle seguenti diciture: “miscela di oli di oliva comunitari” oppure un riferimento allo Stato d’origine comunitario; “miscela di oli di oliva non comunitari” oppure un riferimento al Paese d’origine non comunitario; “miscela di oli di oliva comunitari e non comunitari”oppure un riferimento allo Stato d’origine comunitario e non comunitario.

Il consumatore leggendo con attenzione l’etichetta presente sulla confezione di olio sa esattamente cosa sta comprando ed ha la possibilità di distinguere il prodotto italiano dagli oli di oliva provenienti da altri Paesi comunitari e non comunitari.

Le indicazioni in etichetta

Voci obbligatorie

1.Denominazione di vendita

2.Indicazione “Olio di categoria superiore ottenuto direttamente dalle olive e unicamente mediante procedimenti meccanici” (per l’olio extravergine);

“Olio di oliva ottenuto direttamente dalle olive e unicamente mediante procedimenti meccanici”(per l’olio di oliva vergine).

3.Riferimenti al responsabile commerciale (nome e/o marchio, indirizzo).

4.Sede dello stabilimento di confezionamento con codice alfanumerico identificativo della provincia.

5.Indicazione dell’origine, secondo quanto stabilito dal Reg. Ce 182/09.

6.Quantità.

7.Termine minimo di conservazione indicato almeno con mese/anno.

8.Lotto (facoltativo se il termine minimo di conservazione è riportato con l’indicazione del gg/mm/aaaa).

9.Modalità di conservazione (es. Conservare al riparo dalla luce)

Voci facoltative

1.Indicazioni relative al metodo estrattivo quali “prima spremitura a freddo” oppure “estratto a freddo”, secondo quanto stabilito dal Reg. CE 1019/02.

2.Indicazioni relative alla caratteristiche organolettiche.

3.Indicazioni relative all’acidità massima, ma solo se accompagnate dalle indicazioni (riportate in caratteri della stessa grandezza) relative all’indice dei perossidi, del tenore di cere e dell’assorbimento ultravioletto.

4.Indicazioni relative agli abbinamenti gastronomici del prodotto.

5.Ulteriori indicazioni in riferimento all’azienda produttrice (es. certificazioni, riconoscimenti, ecc.).

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