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Smart Grids

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La ricerca dell'energia pulita e rinnovabile, dell'energia efficiente, di consumi minori e migliori e dell'ottimizzazione dell'intero settore energetico pare essere giunta ad un punto cruciale.

 

La rete intelligente – nel linguaggio tecnico detta Smart Grid – è una concatenazione energetica interconnessa, capillarizzata, supportata da varie fonti (derivanti il più possibile da energie naturali).

In altre parole è un innovativo sistema di trasmissione e di distribuzione dell'energia elettrica che riconosce e gestisce in modo dinamico richieste di maggiore o minore consumo (razionalizzando dunque la gestione dei flussi come un vero e proprio organismo intelligente) e consente l'integrazione con energie rinnovabili. Essa infatti utilizza e riutilizza energia pulita in un sistema continuo, senza sprechi e con il minor costo e tasso di emissioni possibile.

I Governi di tutto il mondo, sempre più sensibili al tema del risparmio energetico, vedono nella Smart Grid una grande opportunità e un investimento ottimo e sicuro per il futuro economico ed ambientale della popolazione.

L'Italia è uno dei paesi che più investe e investirà sull'energia pulita, sia per motivi di accordi economico-politici, sia anche grazie ad una vasta e immensa disponibilità di risorse e spazi naturali.

La normazione tecnica è particolarmente viva nell'ambito energetico e, attraverso UNINFO, ente di normazione federato all'UNI, guida e coordina i progetti relativi alle reti intelligenti.

CEN, CENELEC ed ETSI hanno già presentato il Joint WG on standards for the Smart Grid e in parallelo vanno avanti i lavori anche in ambito ISO con la pubblicazione della Resolution 25: Establishment of a Special Working Group on Smart Grid, JTC1 N 9885.

In Italia il lavoro procede anche con il CEI, che a questo proposito ha costituito il comitato tecnico 313, Reti Intelligenti.

A livello sia nazionale che internazionale, quindi, i lavori per l'incremento e la diffusione delle reti intelligenti fervono. UNINFO è uno dei protagonisti di questa intensa attività attraverso un accurato lavoro internazionale, sinergico e specifico che crea una linea guida omogenea per i propri esperti, per il proprio paese e per l'intera comunità europea.

fonte: www.uni.com

Incentivi Ue alla mobilità sostenibile

 

In arrivo 12 milioni per promuovere i progetti di 30 metropoli europee.
Per le città intelligenti del futuro, in grado di promuovere la mobilità e lo sviluppo sostenibile, l’Unione europea è pronta a investire circa dodici milioni di euro, selezionando trenta città in tutta Europa che riceveranno gli incentivi. A fare il punto sul progetto Smart cities che entrerà nel vivo della selezione nel prossimo mese di giugno è stato, ieri, a Milano Carlo Corazza, portavoce del vicepresidente della Commissione, Antonio Tajani.
Corazza è intervenuto al summit “Green mobility e sviluppo urbano sostenibile” organizzato dal Gruppo 24 Ore. «Dall’Italia abbiamo già ricevuto le candidature di Torino e Genova» ha spiegato Corazza. L’urgenza di ripensare ai modelli di sviluppo urbano e di colmare il gap infrastrutturale su scala mondiale è stata evidenziata anche da Riccardo Trentini di Boston consulting group: «Per acqua, trasporti e rifiuti servono 40 triliardi di dollari da oggi al 2030 – ha osservato – inevitabile coinvolgere i capitali privati».
A livello locale molte le esperienze citate: da Salerno che si prepara a diventare il polo dell’architettura contemporanea («Abbiamo investimenti per 1,4 milioni e firme come Zaha Hadid e David Chipperfield» ha spiegato il sindaco uscente Vincenzo De Luca) al progetto di auto elettriche Zero Emission city in avvio a Parma.
Ma ciò che ancora manca, secondo Leopoldo Freyrie, neo-presidente dell’Ordine architetti «è una visione strategica unitaria nelle nostre città». Mentre Giuseppe Roma direttore del Censis, ha chiesto «un ascolto preventivo dei cittadini». Per l’auto elettrica la grande sfida si gioca sui costi. Renault (quattro miliardi di investimenti sul piatto e quattro modelli in arrivo a partire dal 2012) stima che nell’arco di 5-6 anni si arriverà a produrre un modello equivalente per prezzo ai veicoli tradizionali.
Ne è meno convinta Peugeot, che dal 2010 ha commercializzato in Europa il primo modello elettrico al 100%. In Italia uno dei principali ostacoli alla diffusione dell’auto elettrica è l’assenza di colonnine di ricarica. Lo ha ricordato Paolo Ghinolfi («Ne mancano ancora troppe»), ad di Arval, società leader nel noleggio auto a lungo termine, il quale ha invitato le case costruttrici a «non fare un prodotto di difesa». A giugno, inoltre, debutterà a Singapore un progetto targato Bosch che prevede l’installazione di 60 colonnine per 60 vetture.
Fonte: Il Sole 24 Ore

Al traguardo il decreto sul bonus ricerca

 

 

 

 images4Al traguardo le regole per sbloccare il credito d’imposta per la ricerca. Sul piatto ci sono 150 milioni per il 2010 e altri 200 per quest’anno, a copertura del credito d’imposta per le spese sostenute per finanziare attività di ricerca (cosiddetto «bonus ricerca»).
A beneficiare di questi fondi sono coloro che, dopo aver inoltrato in via telematica all’agenzia delle Entrate – in occasione del clic day del 6 maggio 2009 – il formulario, non hanno ricevuto il nulla osta perché le risorse a disposizione erano andate esaurite.
Le risorse sono stanziate dal decreto di natura non regolamentare del ministero dell’Economia e delle Finanze del 4 marzo 2011 («Modalità di utilizzo dell’ulteriore stanziamento disposto dal comma 236 dell’articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, per le finalità di cui all’articolo 29, comma 1, del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185»), che è stato pubblicato sulla «Gazzetta Ufficiale» n. 89 del 18 aprile.
A prevedere fondi aggiuntivi per il bonus ricerca è stata la legge 191 del 2009. In base alle indicazioni fornite dall’agenzia delle Entrate il 2 agosto 2010, infatti, l’ammontare del credito d’imposta richiesto dai soggetti che non hanno ricevuto il nulla osta alla fruizione ammonta, complessivamente, a oltre 736 milioni di euro (la stima teneva conto delle denunce presentate entro il 25 luglio del 2010).
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Sulla responsabilità per reati ambientali partita ancora aperta

 

Il 7 aprile è images3stato approvato dal Consiglio dei ministri il decreto che recepisce la direttiva 2008/99/Ce sulla tutela penale dell’ambiente ed estende agli illeciti ambientali la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche e degli enti (DecretoLegislativo231_2001 ).
La responsabilità amministrativa degli enti per alcune tipologie di reati commessi nell’interesse o a vantaggio degli stessi da dipendenti o amministratori è ormai istituto conosciuto e oggetto di frequenti interventi giurisprudenziali. In caso di violazione, le sanzioni sono ingenti: misure pecuniarie, di confisca e interdittive. La responsabilità amministrativa può essere evitata solo attraverso la predisposizione di specifici modelli organizzativi aziendali. Ora anche i reati ambientali sono inclusi nell’ambito di applicazione del Dlgs 231/01.
La delega era ambiziosa (si veda anche «Il Sole 24 Ore» del 6 giugno 2010). Per un verso, prevedeva il recepimento della direttiva europea sulla tutela penale dell’ambiente, con l’introduzione di specifiche condotte illecite ambientali; per altro verso, ne disponeva il coordinamento con il Dlgs 231/01.
La scelta effettuata in sede di attuazione è stata la più semplice. Non si è riorganizzato in modo sistematico il sistema sanzionatorio penale ambientale, cercando di trovare un equilibrio tra gradazione dell’elemento soggettivo del reato e obbligo di vigilare sui dipendenti e sottoposti. Sono stati invece introdotti due nuovi reati ambientali nel Codice penale, sul presupposto che tutte le altre condotte individuate nella direttiva siano già sanzionate. Gli altri reati a tutela dell’ambiente sono diventati “reati presupposto”, con un’importante precisazione: non si è fatta distinzione tra delitti e reati contravvenzionali, con tutte le conseguenze che ne derivano (prescrizione, oblazione, punibilità a titolo di dolo e di colpa, eccetera). Questi i due nuovi reati: il primo (articolo 727 bis) è rubricato «uccisione, distruzione, cattura, prelievo o possesso di esemplari di specie animali o selvatiche protette» ed è certamente di minimo impatto per le attività produttive. Il secondo è finalizzato a rendere concreta ed efficace la tutela dei siti protetti comunitari della rete “natura 2000?: chiunque «distrugge o comunque deteriora in modo significativo un habitat all’interno di un sito protetto è punito con l’arresto fino a 18 mesi e con l’ammenda non inferiore a 3mila euro» (nuovo articolo 733 bis). Si tratterà di comprendere i contorni della condotta rilevante. Se con “habitat” si intendono tutti gli elementi ambientali, cioè sottosuolo, falde acquifere, suolo, acque superficiali e atmosfera, potrebbe essere stata introdotta una fattispecie di reato collegata esclusivamente al fatto di aver effettuato una contaminazione, seppure in zone limitate (quelle protette dalla rete europea “natura 2000?). Se così fosse, nei siti protetti comunitari la conservazione della natura assumerebbe connotati maggiormente incisivi rispetto alle altre zone protette dal diritto interno (parchi nazionali e regionali) che non godrebbero di tale protezione dall’ordinamento penale.
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ACCREDIA

accredia 

Sono 2.035 i certificati rilasciati che riguardano 4.529 siti produttivi. Il dato di ACCREDIA conferma anche le buone notizie giunte dal Rapporto Inail 2010 sulla diminuzione delle morti bianche. Sempre più aziende investono quindi sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori, tanto che negli ultimi 12 mesi è cresciuto di oltre il 90% il numero di imprese ed enti certificati.

 

Fonte: www.accredia.it


Se il sindaco tace il cantiere può iniziare

 

LA CASA – Leimages2 pratiche maggiori
Il silenzio-assenso si estende al permesso di costruire. Il decreto sviluppo applica anche agli interventi più pesanti la stessa logica di fondo - anche se le implicazioni tecniche non sono perfettamente identiche - propria della Scia e della Super-Dia. Nell’impostazione del Dl 70/2011, quindi, l’esigenza di accelerare gli interventi prevale sulle cautele ispirate al rischio di abusi edilizi o di eccessiva deresponsabilizzazione dei funzionari comunali. D’altra parte, il procedimento che conduce al rilascio per silentium del titolo edilizio non è certo sottratto al controllo del-l’amministrazione (non vale comunque per i beni sottoposti a vincolo culturale, naturale o paesaggistico) e anzi si realizza in un periodo più lungo e con maggiori tutele di quanto accade per i procedimenti di Dia e Scia. Il progettista. Il fine della semplificazione è perseguito mediante la riscrittura dell’articolo 20 del testo unico dell’edilizia che, anzitutto, ora prevede che la domanda di permesso di costruire sia «accompagnata da una dichiarazione del progettista abilitato che asseveri la conformità del progetto agli strumenti urbanistici approvati ed adottati, ai regolamenti edilizi vigenti, e alle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia». La previsione è centrale perché è proprio in ragione della dichiarazione di conformità (di cui il progettista si assume la responsabilità anche penale, rischiando la reclusione da uno a tre anni) che, decorso il temine minimo di 90 o 150 giorni, il silenzio del Comune equivale a titolo edilizio. Non solo, l’asseverazione di conformità alle prescrizioni igienico-sanitarie (sempreché questa non comporti valutazioni tecnico-discrezionali) è ora prevista per tutte le destinazioni d’uso, allargandosi così i casi (finora limitati alla residenza) in cui è possibile fare a meno del parere preventivo dell’Asl. I tempi. Il nuovo articolo 20 procede quindi dettando i tempi del procedimento. Sulla base dell’ordine cronologico di presentazione delle domande: – entro 10 giorni dalla domanda il Comune nomina il responsabile del procedimento; – entro 60 giorni dalla domanda (120 nelle città oltre 100mila abitanti o per i progetti complessi) dalla domanda il Comune cura l’istruttoria e formula la proposta di provvedimento previa l’acquisizione dei pareri e degli atti di assenso necessari; il termine può essere sospeso per ottenere modifiche limitate; inoltre, entro i primi 30 giorni (60 nelle città maggiori e per i progetti complessi), può essere interrotto per richiedere documenti integrativi: in questo caso il termine per l’istruttoria riparte da zero dal momento in cui l’interessato consegna i documenti; – entro 30 giorni dalla proposta il dirigente o il responsabile dell’ufficio rilasciano il permesso di costruire, ovvero lo negano entro 40 giorni (i 10 giorni in più servono per anticipare i motivi che impediscono il rilascio del titolo, ai sensi dell’articolo 10-bis della legge 241/1990). Il principio. La riforma è dunque nel comma 8 del nuovo articolo 20, che converte il precedente silenzio-rifiuto in silenzio-assenso. Questa la nuova previsione: «Decorso inutilmente il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo, ove il dirigente o il responsabile dell’ufficio non abbia opposto motivato diniego, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio-assenso, fatti salvi i casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali». In questi ultimi casi, qualora l’immobile sia sottoposto a vincolo la cui tutela compete, anche in via di delega, alla stessa amministrazione comunale, il termine per adottare il provvedimento finale decorre dal rilascio del relativo atto di assenso. Nel caso tale atto non sia favorevole, decorso il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio-rifiuto. Qualora invece l’immobile sia sottoposto a un vincolo la cui tutela non compete all’amministrazione comunale, ove il parere favorevole del soggetto preposto alla tutela non sia prodotto dall’interessato, il competente ufficio comunale acquisisce l’assenso nell’ambito della conferenza di servizi e il termine decorre dall’esito della conferenza. In caso di esito non favorevole, decorso il termine, sulla domanda si intende formato il silenzio-rifiuto. Nel rispetto della competenza regionale, la previsione afferma infine la salvezza delle norme regionali che prevedano misure di ulteriore semplificazione (ad esempio le Super-Dia regionali) e ulteriori riduzioni di termini procedimentali.
La procedura
LA DOMANDA:  La richiesta per il rilascio del permesso di costruire deve essere presentata allo sportello unico per l’edilizia del Comune. Alla domanda si dovrà allegare l’attestazione del titolo di legittimazione a presentare la domanda (come il titolo di proprietà dell’immobile) e gli elaborati progettuali e altri documenti previsti dal regolamento edilizio comunale. Va poi presentata anche la dichiarazione di un progettista abilitato che asseveri la conformità del progetto agli strumenti urbanistici, ai regolamenti edilizi, alle norme di settore e in particolare alle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio igienico-sanitarie, di efficienza energetica.
L’ISTRUTTORIA:  Il responsabile del procedimento, nominato dall’amministrazione comunale entro dieci giorni dalla presentazione della richiesta, ha 60 giorni (120 nelle città con oltre 100mila abitanti o per i progetti dichiarati complessi) per formulare una proposta di provvedimento, corredata da una relazione. In questi 60 giorni, il responsabile del procedimento acquisisce i pareri e gli atti di assenso necessari e valuta la conformità del progetto alla normativa vigente.
MODIFICHE E INTEGRAZIONI: Il responsabile del procedimento può proporre modifiche di lieve entità al progetto: in questo caso, il termine dell’istruttoria è sospeso e riprende da dove si era fermato dopo che l’interessato ha comunicato di accettare o rifiutare le modifiche (l’interessato ha poi 15 giorni per integrare il progetto). Entro 30 giorni dalla domanda (60 nei Comuni più grandi o nei progetti complessi) il responsabile del procedimento può chiedere integrazioni della documentazione: in questo caso, l’istruttoria riparte da zero dopo che l’interessato consegna i documenti.
IL RIFIUTO: Nei successivi 30 giorni dalla proposta di provvedimento, il responsabile dell’ufficio adotta il provvedimento di approvazione o di diniego e lo notifica all’interessato. In caso di diniego, il dirigente a capo dell’ufficio o il responsabile del procedimento devono comunicare le motivazioni del diniego entro 40 giorni dalla proposta di provvedimento.
IL SILENZIO-ASSENSO: Se l’ufficio non emette alcun atto, né di rilascio del titolo abilitativo né di diniego, a trenta giorni dalla proposta di provvedimento presentata dal responsabile del procedimento, «si intende formato il silenzio-assenso».
QUANDO C’È IL VINCOLO: Il decreto sviluppo prevede esplicitamente che il silenzio-assenso non sia applicabile in presenza di vincolo ambientale, paesaggistico o culturale. Nel caso di un vincolo la cui salvaguardia spetti all’amministrazione comunale, anche per delega, si potrà utilizzare il silenzio-assenso, ma solo dopo che sarà stato rilasciato l’atto di assenso dell’ufficio preposto al vincolo. Il termine decorrerà da quel momento. Qualora la competenza di salvaguardia sul vincolo spetti invece a un’amministrazione diversa (ad esempio una Soprintendenza) si dovrà convocare una conferenza di servizi per ottenere il rilascio dell’atto di assenso.
LE SENTENZE
STRUMENTI NECESSARI: La formazione del silenzio-assenso sulle domande di concessione edilizia è subordinata alla necessaria esistenza di uno strumento urbanistico vigente e adeguato alle prescrizioni ed agli standard edilizi, nonché di una programmazione urbanistica di dettaglio tale da non lasciare all’amministrazione alcuno spazio di discrezionalità, neppure sotto il profilo tecnico (Consiglio di Stato, 150/98 e 1381/98). L’impatto del decreto sviluppo Tale principio vale anche alla luce delle novità del decreto sviluppo.
IL RICORSO:Nel caso di ricorso contro il silenzio del Comune sull’istanza di concessione edilizia, la pronuncia del giudice deve limitarsi alla declaratoria di illegittimità del silenzio e non deve estendersi all’accertamento della legittimità della pretesa a ottenere la concessione (Tar Lombardia 490/2011; Tar Campania, Napoli, 11099/2004). L’impatto del decreto sviluppo Partendo dall’affermazione della per cui il ricorso sul silenzio dell’amministrazione non attiene al merito tecnico del provvedimento, l’interesse del ricorrente comunque verrebbe soddisfatto dal formarsi di un silenzio-assenso per decorrenza dei termini, con l’effetto di rendere improcedibile la domanda proposta.
SOSPENSIONE LAVORI:  La sospensione di una concessione edilizia prolungata nel tempo è fuori dalla prassi, visto che il testo unico limita temporalmente a 45 giorni l’efficacia degli atti di sospensione dei lavori (Tar Marche, 669/2009). L’impatto del decreto sviluppo Il testo unico concede all’ufficio tecnico di valutare la legittimità della concessione in un arco temporale limitato. La tassatività del termine è a tutela del privato, il quale deve poter sapere in termini ragionevoli se il permesso di costruire è legittimo o meno. La giurisprudenza ha affermato che la legge sulla trasparenza amministrativa ha accolto il principio che il silenzio-assenso, formatosi per decorso del tempo prescritto dall’inoltro dell’istanza può formare oggetto di provvedimenti caducatori in via di autotutela. Oggi, con la formazione del titolo per silenzio-assenso questa strada è sicuramente percorribile.
IL VINCOLO: L’esistenza di un vincolo paesaggistico esclude la formazione del silenzio-assenso sulle domande di rilascio di titoli edilizi in sanatoria (Consiglio di Stato 2024/2009). L’impatto del decreto sviluppo Queste indicazioni sono state accolte nel decreto sviluppo. Infatti, si precisa nella nuova disposizione del Testo unico che il silenzio-assenso non si applica nel caso sull’immobile siano presenti vincoli ambientali, paesaggistici e culturali. In questa ipotesi se il vincolo compete alla stessa amministrazione comunale il termine decorre dal rilascio dell’atto di assenso.
Fonte: Il Sole 24 Ore

Rapporto Rifiuti Urbani 2011

ispra

La produzione dei rifiuti in Italia, secondo l‘Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, ISPRA, è in calo; cresce, invece, la raccolta differenziata, sia pure con notevole differenze tra il nord, dove si raggiunge il 48% ed il centro ed il sud che si attestano, rispettivamente sul 24,9 ed il 19,1. A fronte della diminuzione della produzione di rifiuti, si registra, però un incremento degli oneri a carico dei cittadini, come si evince dal Rapporto Rifiuti Urbani 2001 dell’ISPRA.

scarica il Rapporto_ISPRA

Scia, controlli in 30 giorni ma il falso è sempre punito

 

La segnalazione certificatimages1a di inizio attività (Scia) si applica anche anche all’edilizia e sostituisce la denuncia di inizio attività (Dia): il decreto sviluppo ribadisce la nota del ministero della Semplificazione, precisando alcuni effetti e modalità procedurali di questo strumento, che è stato introdotto dalla legge 122/2010 e finora ha incontrato più di un ostacolo sul proprio cammino. Il chiarimento, peraltro, non è stato inserito direttamente nel testo unico dell’edilizia, ma nella legge 241/1990….
continua su Sole24Ore

La responsabilità d’impresa

regnounito

Dal 1° luglio anche il Regno Unito avrà l’equivalente della nostra «231». Per chi ha da sempre giudicato il Dlgs 231 come un costoso impiccio non molto utile e che in più mette le nostre imprese in una situazione di svantaggio rispetto ai concorrenti esteri, l’emanazione del Bribery Act 2010 è quindi una buona notizia.
La mossa del legislatore britannico evidenzia infatti un movimento sempre più diffuso a livello internazionale di lotta alla criminalità di impresa e in particolar modo alla corruzione, giudicata a ragione come una pratica distorsiva del corretto funzionamento del mercato. Ovviamente, quanti più Paesi impongono standard di comportamento alle proprie imprese, tanto più i costi e gli oneri sopportati da quelle italiane diventano un fattore che mette meno a rischio la loro competitività nei confronti degli stranieri.
Ma qual è il contenuto del Bribery Act e che importanza può la sua entrata in vigore avere per le aziende italiane?
La legge britannica ridefinisce il concetto di corruzione (naturalmente già presente nella legislazione d’Oltremanica) e recepisce la convenzione internazionale Ocse sugli illeciti pagamenti a funzionari stranieri. A livello locale il concetto di “bribery” è inteso come la concessione di un vantaggio a un altro soggetto affinché questi abbia un comportamento “inappropriato” (“improper”). Due le differenze che si notano rispetto alla normativa italiana: la prima è che laddove da noi la corruzione sussiste pure in caso di pagamenti a un pubblico ufficiale per indurlo a compiere il proprio dovere, quest’ipotesi rientra in ciò che gli inglesi chiamano “facilitation payments”, che diventano illegali solo quando il pagamento sia tale da far presumere che chi l’ha ricevuto violi i suoi doveri di imparzialità e buona fede. Mentre da un lato c’è quindi una minor severità resa possibile dalla flessibilità dell’interpretazione, la seconda differenza va nella direzione opposta, in quanto secondo in Gran Bretagna si ha “bribery” sia quando il soggetto corrotto è pubblico sia quando è privato. Vige insomma il reato di corruzione privata che avrebbe dovuto essere attuato in Italia da ormai un paio di anni.

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