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News - Responsabilità Sociale

News - Responsabilità Sociale (235)

Nei modelli 231 tutele per chi denuncia fatti di corruzione

231Doppio binario sulle segnalazioni anticorruzione tra pubblico e privato. Con l’inserimento, su quest’ultimo fronte, nei modelli 231 di un inedito contenuto specifico. Intanto però sulle misure è scontro Pd-5 Stelle. Al centro della polemica il whistleblowing, il meccanismo cioè che tutela il dipendente che segnala fatti di corruzione. Il testo messo a punto dalla commissione Giustizia della camera sarà al voto dell’Aula a già dalla prossima settimana, ma il Movimento 5 Stelle, tra i promotori del testo, accusa il Partito Democratico di avere stravolto il provvedimento con una serie di «emendamenti vergogna: «si potevano difendere e premiare i cittadini onesti che denunciavano la corruzione, invece la maggioranza nel chiuso della commissione Giustizia ha votato ancora una volta contro la legalità e per la corruzione».

La presidente della commissione Donatella Ferranti (Pd) non ci sta e replica che «non c’è nessuna volontà di distruggere la proposta di legge presentata dai Cinque Stelle, ma semmai di migliorarla costruttivamente, soprattutto alla luce dei risultati dell’indagine conoscitiva che abbiamo svolto e dei suggerimenti arrivati da Anac, Autorità della Privacy, Confindustria, Agenzia delle Entrate, Bankitalia, esperti giuristi».

Il disegno di legge prevede che il dipendente pubblico non può essere sanzionato in alcun modo (licenziamento compreso come ovvio) nè discriminato per avere denunciato condotte illecite di cui è venuto a conoscenza per il proprio rapporto di lavoro. È in buona fede il dipendente pubblico che effettua una segnalazione circostanziata ritenendo altamente probabile che la condotta illecita o di abuso si sia verificata. L’identità del dipendente non può essere rivelata ed è coperta nel processo penale dalla norma (articolo 329 del Codice di procedura) che disciplina l’obbligo di segreto degli atti d’indagine.

In ogni caso è affidata all'Autorità anticorruzione la redazione di linee guida per la presentazione e la gestione di segnalazioni con l’obiettivo specifico di alzare il più possibile il livello di riservatezza. Le tutele non sono più garantite però quando, anche con sentenza di primo grado, è accertata la responsabilità penale del segnalante per i reati di calunnia o diffamazione.

Sul versante privato si inserisce, ed è la prima volta che avviene, un contenuto obbligatorio all’interno dei modelli previsti, in via facoltativa, dal decreto 231 del 2001. In particolare, a carico dei vertici societari e dei loro sottoposti, ma anche di tutti coloro che, a qualsiasi titolo, collaborano con l’ente, l’obbligo di presentare segnalazioni circostanziate di illeciti che in buona fede ritengano altamente probabile si siano verificati o le violazioni del modello di organizzazione e gestione dell'ente di cui sono venuti a conoscenza. Nei modelli devono poi trovare posto canali alternativi di segnalazione, di cui almeno uno idoneo a garantire, anche con modalità informatiche la riservatezza dell’identità del segnalante. Il licenziamento ritorsivo o discriminatorio del soggetto segnalante è nullo. Sono poi nulli il cambiamento di mansioni e qualsiasi altra misura punitiva o discriminatoria adottata nei confronti del lavoratore.

AdA

fonte Sole24Ore 319/15 G. Ne.

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I Codici etici: sempre più richiesti, ma ancora (in parte) sconosciuti

business

Codici etici per le aziende: il tema è da tempo al centro di importanti riflessioni. Numerosi passi in avanti sono stati fatti negli ultimi anni (vd. "Codici etici per le aziende: parliamone di più", Stefano Bonetto – U&C n.3/2012) ma ora la recente pubblicazione della nuova UNI EN ISO 9001:2015 fornisce ulteriori spunti di riflessione, altre indicazioni da seguire, nuovi requisiti da considerare.

La crescente richiesta di codici etici nasce da diverse esigenze: dai progetti di CSR (responsabilità sociale di impresa, come la ISO 26000 adesso parte integrante delle opportunità di agevolazioni finanziarie in materia di contributi INAIL), dal Decreto legislativo 231 del 2001, che introduce nell’ordinamento giuridico italiano la responsabilità penale delle imprese, dalle Linee Guida applicative di Confindustria che lo richiedono espressamente, ma anche dai cosiddetti protocolli o rating di legalità (come ad esempio quello gestito dall’Autorità garante del mercato e della concorrenza) o – e quest’ultima casistica è in forte crescita - dalle esplicite richieste di clienti stranieri o di clienti quotati.

I principali strumenti di lavoro per la redazione di codici etici derivano principalmente dalle “buone prassi”, che possono andare dagli standard di elaborazione dei contenuti (stesura di indice e sommario in primis) alle regole di aggiornamento che vedono il coinvolgimento della direzione, con specifica assegnazione di responsabilità; dal reporting periodico con tabella di collegamento fra requisiti, a un buon servizio di gestione delle segnalazioni (quello che oggi tutti chiamano “whistleblowing”), sino a regole generali come quelle che riguardano tutte le “policy” ISO (la nuova ISO 19600 “Compliance management systems - Guidelines” è estremamente interessante in proposito).

L’inquadramento giuridico generale dei codici etici è sicuramente piuttosto complesso. Da un punto di vista pratico è senz’altro più agevole inquadrarli nelle più generali regole di corporate governance e di corporate compliance: una sorta di “regolamento”, quindi, per quanto riguarda i lavoratori e i collaboratori - con riferimento alla diligenza professionale - e un requisito contrattuale per gli altri soggetti collegabili all’organizzazione.

I principi generali dei codici etici, che vanno oltre le nostre leggi nazionali (di per sé già obbligatorie), sono stati individuati nei codici di comportamento e nelle disposizioni internazionali esistenti, quali ad esempio i documenti costitutivi dell’Unione europea, dell’ONU o dell’OCSE.

Ora la pubblicazione della nuova UNI EN ISO 9000 e UNI EN ISO 9001 rappresenta un momento significativo anche per l’evoluzione dei codici etici, perché fornisce ulteriori importanti modelli di riferimento.

La nuova edizione delle norme sui sistemi di gestione per la qualità si appresta a diventare una guida essenziale per molte realtà aziendali, soprattutto quelle medio piccole, in cui il sistema qualità diventa, con la contabilità, il più importante modello di gestione presente in azienda. La nuova norma introduce e sviluppa tre concetti di grande valore anche per chi deve redigere i codici etici, che così possiamo riassumere: stakeholder, analisi del contesto e risk based thinking.

Il primo – "stakeholder" - è sicuramente quello da considerare con maggiore attenzione. Il codice etico deve essere pensato a seguito di una attenta mappatura degli stakeholder e delle loro esigenze (magari partendo da una mappatura su base “bibliografica”) e delle relative opportunità ed esigenze di comunicazione. Questa attenzione per gli stakeholder rende senz’altro più vicini i codici etici alle ISO.

Da questo punto di vista gli impegni “etici” o i sistemi di whistleblowing sono aspetti che a pieno titolo possono rientrare nella applicabilità pratica delle norme sui sistemi di gestione per la qualità.

Il secondo concetto tratto dalla nuova UNI EN ISO 9001 è "analisi del contesto". Esso è legato al tema di mission aziendale o di orientamento strategico di fondo. Anche in questo caso la vicinanza con uno dei concetti base dei codici etici è evidente. Questi infatti prevedono nella loro prima parte quelli che dovrebbero essere i principi guida dell’impresa, cioè appunto la sua mission. Un aspetto fondamentale per mettere a fuoco e dare efficacia pratica ai codici etici.

Il terzo concetto – "analisi dei rischi" - deve essere anche per i redattori dei codici etici un principio guida, un aspetto da tenere in considerazione, come già ricordato citando la norma ISO 19600. Quest’ultima, pubblicata nel dicembre 2014, si occupa del tema della compliance aziendale. È una norma autoportante ed è già redatta secondo il nuovo modello pensato per le norme ISO di tipo gestionale e conosciuto con la sigla HLS (High Level Structure). Ciò significa che è perfettamente integrabile con tutte le altre ISO sui sistemi di gestione come, appunto, le norme della serie ISO 9000.

Anche dal punto di vista terminologico, la norma ISO 19600 collega i requisiti obbligatori e quelli autoimposti nell’impresa, costituendo un unico sistema di "obbligation".

Ora, ogni codice etico implica in certa misura una aspettativa dei soggetti coinvolti e quindi potenzialmente sottintende un rischio danno e un possibile rischio reputazionale, entrambe minacce che bisogna conoscere e saper gestire adeguatamente.

Ma nella nuova edizione della ISO 9001 la dimensione del rischio deve essere analizzata anche nella sua accezione di opportunità e i codice etici, già nella loro fase progettuale, devono prendere in positiva considerazione questo aspetto.
Insomma, la pubblicazione della nuova edizione delle ISO 9000 fornisce interessanti spunti di approfondimento anche per il mondo dei codici etici aziendali.

AdA

Leggi anche "Sistemi di Gestione nelle Imprese della provincia di Napoli: pubblicato il report aggiornato a settembre 2015"

Fonte UNI

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Visure: disponibile la superficie catastale di 57 milioni di immobili

immobili-mappe-catasto-piantine--258x258Una novità che semplifica la vita ai proprietari, mettendo a loro disposizione un dato finora visibile solo nelle applicazioni degli uffici. Dal 9 novembre l’Agenzia delle Entrate rende disponibile la superficie catastale nelle visure delle unità immobiliari censite nelle categorie dei Gruppi A, B e C. Una novità che semplifica la vita ai proprietari di 57 milioni di immobili, mettendo a loro disposizione un dato finora visibile solo nelle applicazioni degli uffici.

Oltre ai dati identificativi dell’immobile (Comune, sezione urbana, foglio, particella, subalterno), e ai dati di classamento (zona censuaria, categoria catastale, classe, consistenza, rendita), da oggi sarà riportata direttamente in visura anche la superficie catastale, calcolata come stabilito dal Dpr n. 138/1998.

Per gli stessi immobili sarà, inoltre, riportata la superficie ai fini TARI che, per le sole destinazioni abitative, non tiene conto di balconi, terrazzi e altre aree scoperte di pertinenza.

Le visure si arricchiscono di un’altra informazione importante per i cittadini: la superficie ai fini TARI. Ciascun proprietario avrà così a portata di mano anche questa informazione, fornita dall’Agenzia delle Entrate ai Comuni grazie ai flussi di interscambio dati già attivi.

In caso di incoerenza tra la planimetria conservata agli atti del catasto e la superficie calcolata, i cittadini interessati potranno inviare le proprie osservazioni, attraverso il sito dell’Agenzia, e contribuire quindi a migliorare la qualità delle banche dati. Già dal 2013 i Comuni possono segnalare errori di superficie riscontrati su immobili presenti nella banca dati catastale.

La novità, che arriva al termine di un periodo di sperimentazione che ha coinvolto gli Uffici Provinciali-Territorio di Brindisi, Foggia e Ravenna, non si applica, per il momento, a un limitato numero di immobili che presentano un dato di superficie “incoerente”, in attesa delle opportune verifiche nell’ambito delle attività di allineamento delle banche dati.

Quanto agli immobili non dotati di planimetria, che risalgono per lo più alla fase dell’impianto del Catasto edilizio urbano e che sono, per tale motivo, privi anche del dato relativo alla superficie, i proprietari possono presentare una dichiarazione di aggiornamento catastale, con procedura Docfa, per l’inserimento in atti della planimetria catastale.

Tale adempimento è, comunque, necessario, in quanto, in caso di vendita dell’immobile, il proprietario è tenuto ad attestare “la conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie”, come previsto dall’art. 19, comma 14, del decreto legge n. 78 del 2010.

AdA

Fonte: Agenzia delle Entrate

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Sistemi di Gestione nelle Imprese della provincia di Napoli: pubblicato il report aggiornato a settembre 2015

report 09-15Pubblicato l'aggiornamento a settembre 2015 del documento “Monitoraggio delle imprese certificate” nei principali sistemi gestionali, realizzato dal Consorzio Promos Ricerche nell’ambito del Programma di “Sensibilizzazione delle PMI per l’implementazione di sistemi orientati alla promozione della Responsabilità Sociale delle Imprese (RSI)”.

Le iniziative di Responsabilità Sociale delle Imprese devono basarsi su un approccio «volontario, da parte delle organizzazioni, delle preoccupazioni sociali e ambientali nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con tutte le parti interessate» (Commissione delle comunità europee, Libro Verde, Bruxelles lug. 2001).

Operare in modo socialmente responsabile significa, per qualsiasi organizzazione, tenere conto delle ricadute della propria condotta nei confronti dell'ambiente e nei rapporti con gli “stakeholders” (portatori d’interesse) quali il personale, la comunità locale, i partner commerciali, i clienti, le istituzioni e l’ambiente.

I principali sistemi di gestione analizzati nel presente documento riguardano, oltre alla Responsabilità sociale (SA 8000), la Qualità (ISO 9001), l’Ambiente (ISO 14001) e la Sicurezza e Salute del Lavoro (OHASA 18001).

Tale informativa, aggiornata a settembre 2015, rappresenta un indice di sostenibilità del tessuto produttivo dell’intera provincia, in quanto riporta l’attenzione che le imprese riservano alle problematiche inerenti alla salute e sicurezza dei lavoratori, ma anche alla garanzia delle produzioni e del loro impatto sull’ambiente e, quindi, più in generale alla responsabilità sociale delle imprese.

AdA

Scarica il documento “Monitoraggio delle imprese certificate - Settembre 2015”

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Nuove opportunità per le imprese del sociale. Pubblicato il decreto che «inaugura» la nuova misura. Prestiti e contributi a Coop e volontariato

noprofitIn arrivo nuove opportunità per le imprese del sociale. Il ministero dello Sviluppo economico ha approvato con decreto del 3 luglio 2015 (pubblicato sulla «Gazzetta Ufficiale» n.224 dello scorso 26 settembre), il regime di aiuto diretto a sostenere la nascita e la crescita delle realtà che operano nel comparto no profit dell’intero territorio nazionale.

A poter beneficiare delle agevolazioni, consistenti in un finanziamento a tasso agevolato e eventuale contributo a fondo perduto, sono le imprese sociali (di cui al Dlgs n. 155/2006) costituite in forma di società, le cooperative sociali anche non aventi qualifica di imprese sociali e relativi consorzi, nonché le società cooperative aventi qualifica di Onlus. I programmi di investimento ammissibili, che devono essere compatibili con le finalità statutarie del soggetto proponente, dovranno essere di importo non inferiore a 200mila euro. La soglia massima di spesa ammissibile è fissata, invece, in 10 milioni di euro.

Rientrano tra le spese agevolabili, il suolo aziendale, le opere murarie e assimilate (compreso l’acquisto di fabbricati e le ristrutturazioni), macchinari, impianti ed attrezzature, programmi informatici, brevetti, spese per progettazioni, studi e consulenze e, infine, anche la formazione specialistica dei soci e dipendenti dell’impresa.

Il prestito agevolato avrà una durata massima di 15 anni, comprensivo del periodo di preammortamento (fino a 4 anni). Il tasso applicato non potrà essere, in ogni caso, inferiore allo 0,50 per cento. Nulla è stabilito con riguardo alla percentuale di copertura dell’investimento. Il decreto rinvia a un ulteriore provvedimento la definizione dei relativi dettagli, così come delle condizioni per la concessione dell’eventuale contributo a fondo perduto. In ogni caso, le agevolazioni saranno attribuite nel rispetto della normativa «de minimis».

La procedura di accesso agli aiuti è valutativa a sportello. Non è ancora possibile presentare domanda. Bisognerà attendere, infatti, la pubblicazione dell’avviso da parte della direzione generale incentivi, che avverrà a seguito dell’assegnazione delle risorse allo strumento (a valere sul Fri– il Fondo rotativo per il sostegno alle imprese - previa determinazione delle somme da parte del Cipe).

AdA

Vai al Decreto 3 luglio 2015 "Agevolazioni alle imprese per la diffusione e il rafforzamento dell'economia sociale" (permalink)

fonte Sole24Ore 278/15 G.L.e A.S.

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Anche il welfare nel dna delle imprese. In vigore la nuova legge sull’agricoltura sociale

agricoltura-socialeL'azienda agricola allarga ancora il suo perimetro. Non più solo produzione, trasformazione, commercializzazione, ospitalità in campagna, ma anche fornitura di servizi a 360 gradi, anche nel campo del welfare. Con la nuova legge sull'agricoltura sociale (Legge 18 agosto 2015, n. 141), approvata poco più di un mese fa (in vigore dal 23 settembre 2015), si sono aperti nuovi spazi.

«L'agricoltura sociale è il modello globale del futuro - ha affermato il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, intervenuto il 21 settembre al convegno promosso all'Expo - microcredito e agricoltura sociale non sono questioni secondarie rispetto ai grandi temi della finanza o alla questione alimentare in generale».

«Con questa legge abbiamo raggiunto un doppio risultato nell'interesse dell'agricoltura, a vantaggio della multifunzionalità e del welfare del Paese - ha aggiunto il viceministro Andrea Olivero - Il tema fondamentale è che le attività svolte nell'ambito dell'agricoltura sociale vengono riconosciute attività agricole a tutti gli effetti con la cosiddetta connessione, godendo dello stesso regime fiscale. La tassazione sarà la stessa senza la necessità di aprire posizioni differenti, rientrando nella normale attività agricola nella logica delle multifunzionalità e questo aiuta moltissimo».

«L'agricoltura sociale è la nuova frontiera delle campagne italiane dove - ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo - sono impegnate già oggi oltre mille e cento imprese agricole e cooperative, attorno alle quali gravitano decine di migliaia di rifugiati, detenuti, disabili, tossicodipendenti. Una opportunità che finalmente ha trovato il sostegno di una legge nazionale che definisce una cornice comune, da valorizzare e promuovere anche nei nuovi Psr che accompagneranno lo sviluppo delle aree rurali fino al 2020».

«Questa funzione sociale dell'agricoltura rientra nel concetto di sostenibilità – ha affermato il presidente della Confagricoltura, Mario Guidi – che ogni azienda dovrebbe perseguire, intendendo come tale l'insieme di buone pratiche tese ad uno sviluppo del settore rispettoso dell'ambiente, della collettività ed economicamente valido». Guidi ha anche sottolineato l'impegno delle imprese di Confagricoltura che fanno parte del progetto Ecocloud, la rete delle buona pratiche in cui sono state raccolte, e condivise con le imprese, i consumatori e i trasformatori, esperienze di sostenibilità in campo ambientale, economico e sociale».

«L'azienda agricola non è più sinonimo solo di cibo: oggi - ha detto da parte sua il presidente della Cia, Dino Scanavino - vuol dire anche welfare, uno spazio solidale dove le fasce deboli della popolazione possono costruire nuove relazioni sociali, fare terapia con gli animali o con le piante, ritagliarsi un posto nuovo nel mercato del lavoro. La buona agricoltura svolge da sempre una rilevante funzione sociale: oltre a latte, vino e frutta, produce welfare rigenerativo». L'agricoltura sociale conta oltre mille progetti, con 4 mila addetti e una valore della produzione di 200 milioni. La Cia, è pronta a lanciare nuovi progetti con il sostegno dei fondi dei Psr e lo ha ricordato in un convegno che si è tenuto qualche giorno prima il forum all'Expo. «Tantissime aziende associate alla Cia - ha affermato Scanavino - hanno già avviato e sperimentato questo nuovo modo di fare agricoltura». L'invito è «mettere subito a punto le leggi regionali, prendendo a riferimento le cose buone scritte da quelle Regioni che hanno già legiferato nonché sostenere i vari assessorati regionali a essere i veri protagonisti e non demandare ad altri». La Cia si candida così a un ruolo da protagonista con le Regioni «nella predisposizione dei Psr, nella realizzazione di programmi finalizzati allo sviluppo della multifunzionalità delle imprese agricole».

«La via maestra - secondo il presidente di Fedagri, Giorgio Mercuri - è collaborazione tra chi da sempre svolge attività socio-sanitaria e di assistenza ai soggetti svantaggiati, come ad esempio le numerose cooperative sociali che operano sul nostro territorio, e chi, come l'impresa agricola, ha l'esperienza, la terra e i mezzi per poter mettere una parte della propria azienda al servizio dei più bisognosi».

In casa Confcooperative una critica arriva da Giuseppe Guerini, presidente Federsolidarietà che chiede di «rimettere le mani sulla legge, perché l'effetto paradossale è che l'agricoltura per legge può occupare gli spazi del sociale, mentre il sociale non può fare altrettanto».

AdA

fonte Agricole 24 Set. 01 Ott. 2015

Vai alla Legge 18 agosto 2015, n. 141 (GU Serie Generale n.208 del 8-9-2015) (permalink)

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Certificazione SA 8000. L’Italia è in testa per la responsabilità sociale d’impresa

SA8000L’Italia vanta un primato mondiale che i più ignorano: è la nazione che conta il maggior numero di aziende certificate per la responsabilità sociale di impresa, davanti a India e Cina.

La certificazione in questione si chiama SA 8000, la rilascia Sai (Social Accountability International), organizzazione con sede a New York che riunisce sindacati e multinazionali, attraverso una specifica agenzia chiamata Saas (Social Accountability Accreditation Services). Dal 1997 attesta il rispetto di diritti umani, diritti dei lavoratori, tutela contro lo sfruttamento dei minori e garanzia di sicurezza e salubrità sul posto di lavoro. Tra le certificazioni che si occupano di responsabilità sociale e attengono alla sfera del lavoro è senza dubbio la più diffusa. È una certificazione volontaria ma può essere discriminante nella partecipazione a determinati bandi di gara o richiesta da committenti che stanno dall'altra parte dell'oceano.

Ne sono in possesso 3.490 aziende in giro per il mondo in rappresentanza di 72 Paesi e 65 settori, per un totale di 1,8 milioni di lavoratori. Nessuno come l’Italia, in questi anni, si è mostrato così sensibile al tema: da noi le imprese certificate sono 1.081 per 260.477 dipendenti. Tra queste ci sono nomi importanti del food come Bauli e De Cecco, ma anche dei trasporti come Atm e Ataf o agenzie del lavoro come Adecco. Seguono India, con 953 imprese e oltre 524mila addetti, e la Cina, a quota 654 aziende e più di 366mila lavoratori. Più distaccate Romania (112 imprese certificate), Bulgaria e Vietnam, entrambe a quota 91 aziende. Al contrario di quello che si sarebbe portati a pensare, nazioni abitualmente considerate all'avanguardia nella tutela dei diritti dei lavoratori come Germania e Francia appaiono molto indietro nella classifica per numero di imprese certificate SA 8000.

Perché tutta questa distanza dal vertice occupato dall'Italia? «Qui – commenta Luca Valle, direttore di Cise, uno dei 24 enti che gestiscono il processo di accreditamento e da noi ha accompagnato 600 aziende alla SA 8000 – hanno giocato a favore il lavoro di sensibilizzazione svolto dalle Camere di Commercio e il sostegno offerto da molte regioni. Ma va sottolineato che la differenza la fa l'attenzione che una determinata impresa può avere verso un determinato mercato di sbocco».

Per capirci: all'interno di Saas godono di rappresentanza colossi come Hp, The Walt Disney Company, Gucci e Ciquita. Se vuoi rifornire loro, devi avere il “bollino” SA 8000. Per ottenerlo ci si può anche rivolgere a Rina Services che, a livello internazionale, ha effettuato la certificazione di 500 siti. «Si registra – spiega il direttore tecnico Paolo Salza – una rinnovata attenzione verso questa forma di certificazione, anche in virtù delle opportunità di business che ti si aprono con la clientela più attenta alle condizioni di lavoro».

AdA

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fonte Sole24Ore 262/15 F.P.

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Sistemi di Gestione nelle Imprese della provincia di Napoli: pubblicato il report

CoverPubblicato il documento “Monitoraggio delle imprese certificate” nei principali sistemi gestionali, realizzato dal Consorzio Promos Ricerche nell’ambito del Programma di “Sensibilizzazione delle PMI per l’implementazione di sistemi orientati alla promozione della Responsabilità Sociale delle Imprese (RSI)”.

Le iniziative di Responsabilità Sociale delle Imprese devono basarsi su un approccio «volontario, da parte delle organizzazioni, delle preoccupazioni sociali e ambientali nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con tutte le parti interessate» (Commissione delle comunità europee, Libro Verde, Bruxelles lug. 2001).

Operare in modo socialmente responsabile significa, per qualsiasi organizzazione, tenere conto delle ricadute della propria condotta nei confronti dell'ambiente e nei rapporti con gli “stakeholders” (portatori d’interesse) quali il personale, la comunità locale, i partner commerciali, i clienti, le istituzioni e l’ambiente.

I principali sistemi di gestione analizzati nel presente documento riguardano, oltre alla Responsabilità sociale (SA 8000), la Qualità (ISO 9001), l’Ambiente (ISO 14001) e la Sicurezza e Salute del Lavoro (OHASA 18001).

Tale informativa, aggiornata a giugno 2015, rappresenta un indice di sostenibilità del tessuto produttivo dell’intera provincia, in quanto riporta l’attenzione che le imprese riservano alle problematiche inerenti alla salute e sicurezza dei lavoratori, ma anche alla garanzia delle produzioni e del loro impatto sull’ambiente e, quindi, più in generale alla responsabilità sociale delle imprese.

AdA

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Durc on line: dal 1° luglio cambia la verifica della regolarità contributiva

durcL'ANAC e il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali rendono noto che, a decorrere dal 1° luglio 2015, la verifica della regolarità contributiva ai fini dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti, ai sensi dell’art. 38, d.lgs. n. 163/2006, non potrà più avvenire attraverso il sistema AVCpass, ma esclusivamente attraverso la nuova procedura di acquisizione del DURC nelle modalità previste dal decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali 30 gennaio 2015 (G.U. n. 125 del 1 giugno 2015), così come specificate dallo stesso Ministero con circ. n. 19/2015.

Nel comunicato diramato dall'Anticorruzione si precisa che la nuova precedura è stata introdotta in ragione dell'espressa previsione di legge secondo la quale la nuova modalità di acquisizione del DURCassolve all’obbligo di verificare la sussistenza del requisito di ordine generale di cui all’articolo 38, comma 1, lettera i) del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, presso la Banca dati nazionale dei contratti pubblici” istituita presso l’Autorità Nazionale Anticorruzione (art. 4, comma 3, D.L. n. 34/2014).

Da ultimo l'ANAC fa presente che le richieste acquisite tramite il sistema AVCpass fino al 30 giugno 2015 saranno comunque evase regolarmente secondo le vigenti modalità.

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25 febbraio 2015. Riunione di consultazione offerta didattica 2014-2015 Università Parthenope

Mercoledì 25 febbraio 2015, alle ore 14:30, presso la Sala Consiliare dell’Università degli Studi di Napoli “Parthenope”, sita in Napoli alla Via Acton n. 38, si è tenuta una riunione di consultazione delle organizzazioni rappresentative a livello locale, per l'offerta didattica A.A. 2015/2016 dell’Università "Parthenope".

Oggetto dell’incontro è stato l’illustrazione delle lievi modifiche apportate all’offerta didattica attuale di cui all’elenco di seguito riportato e che può essere visionata dal sito di Ateneo

Scarica l'elenco corsi di studio

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